domenica 21 settembre 2014

Delle cose bizzarre negli Stati Uniti

Dopo tanto tempo che non  scrivo sul blog, questa sera voglio farvi partecipe di diverse cose bizzarre che mi sono capitate o che ho dovuto imparare fino ad ora, durante questa permanenza.

Qui la matematica si impara a memoria, solo ora stanno scoprendo l'utilità delle dita.

Se non vuoi mangiare derivati del petrolio devi comprare solo roba che riporti la dicitura "Organic".

A 25 anni se hai fatto il college sei un professionista, a 30 un director, a 35 guadagni cifre da capogiro, ma a 50 dopo tutta questa carriera, sei libero di vendere cartoline in una bancarella. Nessuno si meraviglia.

Se aspetti un figlio dovrai lavorare fino al giorno del parto, dopo il parto hai diritto a 3 settimane. Nel frattempo i medici sponsorizzano l'allattamento al seno.


A presto per la seconda puntata in tema di stranezze.

A.C.A.

martedì 1 aprile 2014

Dell'elasticità del popolo a stelle e strisce

Inizio col dire che sono piena di gratitudine verso questo paese che ci sta ospitando da qualche mese a questa parte, grazie a questa permanenza i bambini stanno imparando l'inglese, anzi l'americano e stanno imparando cosa significa vivere in un paese straniero lontano migliaia di km dal proprio e migliaia di archi riflessi da quello che banalmente è chiamato buon senso o elasticità mentale. Ecco, non ce l'ho fatta a tenermela e questa la devo proprio dire.
Compito a casa di una bambina di 5 anni.
Prefazione: Pete ha le ali, un becco giallo e vola.
Prima domanda: Pete è un ragazzo?
Bambina di 5 anni: no, non lo è.
Seconda domanda: come lo sai?
Bambina di 5 anni: Pete è un uccello.
Correzione della maestra: errore, risposta giusta: lui può volare ed ha un becco.

Diciamo che già alla prima domanda la risposta immediata sarebbe stata che Pete è un uccello, ma alla seconda è ineludibile che la risposta sia che Pete è un uccello, o no? Certo, se prendiamo questo come spunto per una ardita discussione sulla elasticità mentale non ne usciamo più, pertanto non resta che accettare l'errore con Troisiana rassegnazione ed ammettere: si, sono emigrante....

Alla prossima gente
A.C.A.

giovedì 13 marzo 2014

Spirit week

Un pomeriggio mi vedo recapitare a casa, attraverso lo zaino di mia figlia, un volantino che mi annuncia l'avvicinarsi della spirit week. Lì per lì lo prendo come una preparazione alla Pasqua visto che è periodo, poi invece come una sorta di spam finita in mezzo agli homework, invece ad una lettura più attenta mi accorgo che SONO PROPRIO gli homework della settimana a venire. Beh, non vedete l'ora di sapere cosa sia questa spirit week vero? Ed eccola allora qui sotto, giorno per giorno:
 Lunedì: San Patrick's day, vestirsi di verde per andare a scuola,
Martedì : divertimento al sole, indossare abiti che ricordino un mix di Hawaii ed estate,
Mercoledì: indossare abiti che non ci azzeccano niente uno con l'altro, cappello pazzo e capigliatura pazza sono anche possibili,
Giovedì: tema Disney, indossare qualunque cosa ricordi Disney,
Friday: vestirsi del colore assegnato al proprio grade ( a noi, poiché siamo Kindergarden, tocca il rosso) .

Le attività sopra elencate sono state approvate dalla preside in persona.

Ora, non so voi, ma io mi ricordo pagine e pagine di letterine, gli insiemi, la mamma che va dal salumiere a comprare le uova e deve contarle, gli affluenti di destra e di sinistra  del Po, il solito tema che vuole sapere cosa guardi dalla tua finestra, la bacchetta della maestra ( si lo so cosa state pensando ma ho 40 anni io....), il timore reverenziale verso il Direttore .... Ma no, non mi ricordo nessuna spirit week.

giovedì 20 febbraio 2014

Cosa sei venuto a fare in California se non vai a Disneyland

Ebbene si, ci siamo andati! In preda a quella che è la sindrome della generazione X, la sindrome di Peter Pan ( e questa sembra fatta apposta), o alla più genuina caratteristica di noi essere giovani quarantenni, abbiamo deciso di andare a Disneyland. E va bene si, abbiamo portato anche i nostri figli treenni e quinquenni, ma solo come copertura. Tutto inizia con una partenza, non proprio mattutina, alle 8:30 dopo aver caricato la macchina con tutto il necessario per affrontare senza intoppi l'attraversamento del deserto della Central Valley in una giornata di sole californiano, a febbraio appunto. Nel nostro frigo pic nic abbiamo messo di tutto, dal panino con la nutella alla pizza preparata apposta, tutto contornato di biscotti di ogni tipo. E, solo per essere coerente con la mia passata professione, anche della frutta, così da silenziare almeno per un pò la coscienza. Dritti dritti sfiliamo per la I-5 verso Los Angeles macinando piano piano circa 700 km e tutto sembra andare liscio finchè non siamo così vicini a L. A. che per la felicità rimaniamo inglobati in un traffico micidiale, fatto di folli ed esaltati che credono di essere perennemente dentro un film d'azione di Hollywood ( data la scontata vicinanza ci voleva la citazione) dove tutti corrono su quattro piani di autostrada forse inseguiti da Poncharello con i suoi ray-ban. Ce l'avete fatta a leggere questo periodo così lungo tutto di un fiato? Ebbene, allora siete pronti per leggere la frase che spicca su un mega cartellone pubblicitario dove si annuncia che dopo la morte incontrerai Dio, ma di chiamare al numero 555.... per la verità. Dopo questa pillola di saggezza di qualche predicatore a stelle e strisce superiamo L.A. e arriviamo ad Anaheim, sede della agognata meta, incarnazione pragmatica di quello che per noi giovani quarantenni era ben noto come Paese dei Balocchi di Collodiana memoria.
All'ingresso ci aspetta la seguente frase di benvenuto:
Here you leave today and enter the world of yesterday, tomorrow and fantasy.

For the rest, it was just a blast!

Alla prossima gente!

A.C.A